Sarà per i primi freddi, sarà per l’andamento ciclico non
solo delle stagioni ma anche dei picchi ormonali, fatto sta che in questi
giorni i bordi di strade e superstrade qua attorno hanno ricominciato a
pullulare di “signorine” poco vestite. Oggi, tornando da scuola, ne ho contate
almeno una dozzina in poco più di tre chilometri: bianche, nere, caffelatte,
alte, basse, magre, grasse, giovani (giovanissime…), attempate, discrete,
sfacciate, sole, in coppia.
Lungi da me l’idea di affrontare qui una questione dai mille
e delicatissimi risvolti sociali, politici, giuridici, economici. Risvolti
spesso drammatici. Rilevo solo una cosa, ovvero come gli uomini, TUTTI gli
uomini, passando in macchina davanti alle signorine in questione abbiano tutti
una qualche reazione: c’è il camionista buzzurro, bermuda e canottiera, che
strombazza e saluta dal finestrino, non so se per simpatia o per un’avvenuta e
reiterata frequentazione; c’è il pensionato ottantenne su una Panda che
rallenta e osserva sbavando; c’è il commendatore sessantenne su un SUV luccicante
o il trentacinquenne in carriera su una Porsche che ipocritamente non
rallentano ma che poi guardano, e guardano, e guardano sullo specchietto
retrovisore. Ma che avete da guardare?
Non riesco a capire quale fascinazione travolga gli uomini,
TUTTI gli uomini, davanti a una prostituta. Non è evidentemente, almeno secondo
un bieco stereotipo, l’eccitazione della conquista, visto che non c’è proprio
niente da conquistare, essendo già tutto offerto su un piatto più o meno
d’argento o più o meno di fango. Non è nemmeno l’eccitazione della sfida con un
altro maschio per il possesso di un’unica preda, vista l’esuberanza
dell’offerta rispetto alla richiesta. Insomma cos’è?
Non lo so. Non essendo un maschio, proprio non lo so. A me
rimane solo un preciso… fastidio. Le signorine in questione, prima che
suscitare qualsivoglia altra considerazione, semplicemente disturbano il mio
senso estetico: sguaiate, mal vestite, brutte. Semplicemente brutte.
Ma evidentemente il senso estetico non è il senso che agisce
sui maschi.
Vent’anni fa. Mio figlio Carlo aveva poco più di tre anni
(ripeto, tre anni). Per un preciso motivo (aveva i dentini tutti storti, ed era
in cura da un dentista) dovevamo percorrere un paio di volte alla settimana la fondovalle
che da Cherasco porta a Mondovì. Era inverno, e quella fondovalle era popolata
da una miriade di signorine in attesa di clienti. Uno di quei pomeriggi, seduto
sul suo seggiolino sul sedile posteriore, con lo sguardo innocente (?) che
vagava sui paesaggi della Langa, il mio bimbo innocente mi chiede: “Mamma, chi
sono quelle signore?” Sorpresa e confusa da quella domanda così inattesa e
imprevista, risposi con un evasivo “Boh, non lo so”. La volta dopo, stessa
domanda e stessa risposta, e così per un paio di altre volte. D’altronde, era
l’anno dei “perché?”, sacrosanti e tenerissimi: “Mamma, perché il fuoco
brucia?”; “Mamma, perché piove in giù e non in su?”; “Mamma, perché l’acqua è
bagnata?”; “Mamma, perché devo mettermi le scarpe?” (e va precisato che
all’ultima domanda trovai una risposta convincente, alle altre… no).
Insomma, domanda dopo domanda mi dissi che se avessi
continuato a rispondere in modo evasivo non avrei fatto altro che stimolare una
deleteria curiosità, anche e soprattutto perché i bambini capiscono
immediatamente se un “non lo so” dei genitori è dettato da un’effettiva
incapacità di rispondere o da una precisa intenzione di non voler rispondere.
Di più: mi dissi che quella era un’occasione unica per impartire al mio bimbo innocente
la prima lezione su sesso, sentimenti e affettività. Dunque, mi preparai un bel
discorsetto in previsione dell’ennesima, medesima, domanda (che puntualmente
arrivò). Nel mio bel discorsetto volevo portare la sua attenzione non tanto
sulle “signorine” poco vestite ai bordi della strada quanto sui motivi per cui
erano lì, ovvero sui “signori” che ne sfruttavano cinicamente il dramma. Volevo
che il mio bimbo innocente capisse la differenza tra la bellezza dell’amore e
lo squallore di ciò che amore non è.
“Mamma, ci sono quelle signore…”
“Eh, le ho viste…”
“E perché stanno vicino al fuoco?” (era appunto inverno, e
le signorine in questione si scaldavano vicino a bidoni con legna o non so qual
altro combustibile acceso, nella più scontata iconografia della situazione).
“Eh, poverine, hanno freddo. Vedi come sono poco vestite…”
“E perché non vanno a casa?”
“Eh, poverine, non ce l’hanno una casa. Vedi che infatti
sono lì, sulla strada…”
“Ah. E non possiamo portarle a casa nostra?”
“NO, Carlo, A CASA NOSTRA NO!” (e già avrei dovuto capire
come sarebbe andata a finire…)
“Ah. E cosa fanno lì?”
“Eh, vedi, Carlo, sono delle signore povere, che non hanno
un lavoro, e però devono trovare dei soldini per potersi comprare da mangiare.
E allora hanno pensato che possono farsi dare qualche soldino da dei signori.
Sai, ci sono dei signori soli, tristi, senza una moglie o dei bimbi, e che però
hanno voglia di un bacino, di un abbraccio. E allora vanno da queste signore e
le pagano per avere un bacino, un abbraccio. Però, che cosa brutta pagare per
un bacino, un abbraccio. Un abbraccio lo si dà perché ci si vuole bene, non per
dei soldini, non è vero?”
“Eh, sì…”
“Che cosa brutta pagare per un bacino, per un abbraccio… Non
è vero?”
“Eh, sì…”
E poi, soppesando la taschina del giubbottino che conteneva
gli spiccioli datigli dalla nonna per il gelato: “E… e quanto costa?”
Fa pensare pur rimanendo leggero. Io le vedo quando dal verde canavese tornano a torino stanche e condividiamo stessi sedili ... Cara Daniela dovresti scrivere più spesso.
RispondiEliminaCara, cara Rita...
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