Due giorni pieni pieni a
scuola, due esperienze diversissime, due stati d’animo opposti.
Sgombro subito il campo da tutti
quelli che diranno “Ma come, la scuola non è finita?”
No, non è finita, o almeno non per tutti. Intanto ci sono più di
500.000 studenti che dalla prossima settimana affronteranno la Maturità
(d’accordo, adesso si chiama “Esame di stato”, ma per tutti è ancora e sempre
“la Maturità”) e che in questi giorni stanno studiando come pazzi (sorvolo sul
fatto che potevano farlo prima, non è di questo che voglio parlare…), e
ovviamente (ma pare che per nessuno sia mai ovvio) ci sono anche migliaia e
migliaia di docenti che all’Esame di Maturità faranno i commissari, almeno fino
a metà luglio. Gli altri saranno impegnati, più o meno fino alla stessa data,
nei corsi di recupero, nella formazione delle classi per il prossimo anno
scolastico, nel monitoraggio degli stages e dell’alternanza scuola-lavoro,
nelle mila e mila attività inimmaginabili ai più. In ogni caso tutti, ma
proprio tutti, sono stati in questi ultimi dieci giorni (cioè da quando “la
scuola è finita”) impegnati nelle più svariate incombenze, dalle più importanti
e delicate alle più noiose e sostanzialmente inutili, comunque obbligatorie:
scrutini, colloqui con genitori, riunioni di dipartimento, collegi docenti,
commissioni, compilazione di schede-verbali-registri-relazioni-documenti, ecc.
ecc. ecc. E nell’ultima settimana di agosto si ricomincia, con le prove di
verifica dei debiti formativi.
Tutto questo per cercare di far
capire (anche se so che è impresa vana…) che la scuola non è solo quella che
inizia il 15 settembre e finisce la prima settimana di giugno, non è solo
quella degli studenti. Tutti siamo stati studenti, e tutti o quasi, purtroppo,
continuano a pensare la scuola da studenti…
Dicevo di questi ultimi due
giorni. Ieri un pomeriggio penoso, ma rimando ad un altro momento le relative
considerazioni: quel che potrei scrivere adesso sarebbe troppo iroso, amaro e
forse sproporzionato alla situazione. Lasciamo decantare.
No, voglio scrivere di oggi
pomeriggio. Oggi pomeriggio venivano valutati quei colleghi che, dopo l’ “anno
di prova”, saranno immessi definitivamente in ruolo, ovvero finalmente
riconosciuti in grado di occupare stabilmente una cattedra, dopo anni e anni di
precariato. Erano quattro, ognuno con una propria storia e una propria
personalità, ognuno con le proprie competenze ed esperienze. Non giovani, anzi:
una di quei quattro ha più anni di me (!), gli altri viaggiano sulla quarantina
e oltre. Ho ripensato a quando, poco più che trentenne, affrontai la stessa
situazione: avevo appena avuto Carlo, che anzi tenevo in braccio davanti alla
Commissione… Sono passati quasi venticinque anni (e si potrebbero fare molte
considerazioni su quante cose siano cambiate nella scuola, in peggio, in questo lasso di
tempo…), e oggi mi sono ritrovata nella situazione opposta, dall’altra parte del
tavolo. Quei quattro non sapranno mai quanto ero emozionata, partecipe della
loro stessa emozione… Una cosa è valutare studenti, un’altra valutare colleghi,
sia pur “non di ruolo”. Dalle loro relazioni ho imparato moltissimo: ho
imparato a vedere sotto un’altra prospettiva dinamiche a cui mi sono ormai
assuefatta, relazioni e conflitti che considero normali e che invece tali non
sono, metodologie nuove mai sospettate e magari efficaci, approcci forse
ingenui ma pieni di entusiasmo, quello stesso entusiasmo che con gli anni
inevitabilmente si perde…
Insomma oggi ero lì, in un ruolo
che ho sentito mio ma che nondimeno mi ha emozionato.
Grazie. "A chi? A cosa?" Alla vita.
Grazie. "A chi? A cosa?" Alla vita.
Grazie a te, alla tua umanità che da senso alle tue scelte ed illumina le tue parole! È sempre un piacere leggere i tuoi interventi!
RispondiEliminaGrazie davvero!
Sergio
Ciao Sergio, scusa, non avevo più aperto il blog e dunque non avevo visto il tuo commento. Grazie a te, per il tempo che dedichi a queste "nugae" e sempre, sempre, per la tua amicizia. Un abbraccio
RispondiElimina