E domani si ricomincia, domani inizia un nuovo anno.
Lo so, domani
è il 14 settembre, non il 1° gennaio. Ma per me, che nella vita non ho mai
fatto altro che “andare a scuola”, dal primo giorno d’asilo ad oggi, gli anni
sono solo e sempre anni scolastici, mai anni solari.
Forse ho scelto di fare l’insegnante per poter rimanere eternamente un’alunna.
Forse ho scelto di fare l’insegnante per poter rimanere eternamente un’alunna.
Dei miei 55 anni, molti li ho passati ad imparare, molti di
più ad insegnare (cioè ad imparare ancora). Potrei e forse dovrei essere stufa,
satura, demotivata, spenta, disgustata. L’odore del gesso dovrebbe darmi la nausea.
Invece sono qui, inquieta, ad aspettare domani.
Domani si ricomincia. Come sarà,
domani?
Quest’anno avrò una quinta e una prima.
La quinta è la “mia”quinta, l’unica classe in così tanti
anni di insegnamento che ho avuto la possibilità di seguire ininterrottamente fin dalla prima. Li
ho conosciuti bambini, li lascerò adulti. Domani li ritroverò con la
consapevolezza che sarà l’ultimo anno con loro, e già mi verrà da piangere. Se
ne accorgeranno immediatamente, lo so. Chissà se in questi anni si sono mai
accorti di quante volte avrei voluto abbracciarli, quando il petto e il collo
gli si riempiva di chiazze rossastre durante un’interrogazione, o quando si
illuminavano increduli e felici anche solo per un 7+... Chissà se qualche volta
hanno avuto voglia di abbracciare me.
E poi c’è la
prima, un’incognita. Come saranno? Spauriti, strafottenti, curiosi,
indifferenti, apatici, scalmanati, impenetrabili? Che volti avranno, che voci
avranno? Già, perché quello che poi ti resta nel cuore non è solo un volto ma
anche una voce. E una grafia, unica e irripetibile. Delle migliaia di alunni
che mi sono passati per le mani e per la penna in più di trent’anni, di ognuno
ricordo perfettamente la grafia, a volte più e meglio del nome. Impossibile?
No, se di quell’alunno hai letto migliaia e migliaia di righe, magari cavandoti
gli occhi per decifrare parole incomprensibili. Nessun amante potrebbe dire
altrettanto.
E cosa mi
metto? Tailleur e filo di perle o jeans e maglietta? Tailleur, ovviamente (già,
cavolo, dov’è? devo stirarlo...). Non è una futile questione di forma, una vuota
maschera pirandelliana: attraverso la forma passa la sostanza, e se voglio far
passare il principio che la scuola è impegno, rispetto, bellezza... anche l’abbigliamento
conta. Almeno il primo giorno: avranno tempo per vedermi vestita con quel che
son riuscita ad arraffare in fretta sulla sedia...
E come
saranno i primi tre minuti? Che cosa dirò loro? Come li guarderò, e come mi
guarderanno? Se è vero che credibilità e autorevolezza te le devi poi guadagnare
ogni giorno, ogni ora, è altrettanto vero che i primi tre minuti sono
fondamentali: ti giochi tutto, o comunque moltissimo, in quei primi istanti.
Seduta o in piedi? Sorridente o compassata? Amabile o austera? Riuscirò a farli
miei?
Non sapranno mai che sono emozionata mille volte più di
loro. No, non lo sapranno mai.
Domani.
Da domani sarò di nuovo “la Paganelli”.
Ma oggi è il
giorno prima.
Oggi sono ancora Daniela, e basta.
Anche per me domani è il primo giorno di scuola.
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